Come usare i LED UV-C per un controllo sicuro, efficace ed efficiente degli agenti patogeni

Di Steven Keeping

Contributo di Editori nordamericani di DigiKey

La pandemia da COVID-19 ha incoraggiato gli ingegneri a considerare la luce ultravioletta (UV) per i prodotti di disinfezione e sterilizzazione che "disattivano" il SARS-CoV-2 (il virus causa del COVID-19). I prodotti convenzionali di disinfezione e sterilizzazione usano lampade ai vapori di mercurio a bassa pressione per l'emissione nello spettro UV-A richiesto per eliminare i patogeni. Ma i LED offrono molti vantaggi, tra cui una maggiore efficienza, un'emissione luminosa più elevata, una maggiore durata e costi di vita utile inferiori.

I LED UV-A sono relativamente facili da produrre, adattando i LED a luce blu alla gamma spettrale del vicino visibile e sono disponibili da oltre un decennio per le applicazioni di polimerizzazione industriale. Ma la disattivazione del SARS-CoV-2 richiede UV-C più energetici.

Negli ultimi anni, sono emersi i LED UV-C commerciali. Tuttavia, questi dispositivi non possono essere considerati come una semplice sostituzione drop-in per le tradizionali lampade ai vapori di mercurio, perché introducono molte nuove sfide di progettazione. Per esempio, i prodotti per la disinfezione e la sanificazione richiedono un flusso radiante elevato e strettamente controllato per garantire un funzionamento corretto. Inoltre, i LED UV-C non sono pericolosi solo per i batteri e i virus, ma anche per gli esseri umani, quindi una protezione adeguata è una parte importante del processo di progettazione.

Questo articolo discuterà brevemente i tipi di radiazioni UV e il loro ruolo nella sanificazione e nel controllo dei patogeni. Verranno poi descritti i vantaggi dell'utilizzo dei LED come sorgente di radiazione, così come le sfide di progettazione associate. L'articolo introdurrà quindi le soluzioni a queste sfide utilizzando esempi di LED UV di OSRAM Opto Semiconductors, Inc,, Everlight Electronics e SETi/Seoul Viosys.

Perché usare la luce UV per il controllo dei patogeni?

La radiazione UV si inserisce nello spettro delle onde elettromagnetiche tra la luce visibile e i raggi X e comprende fotoni di lunghezza d'onda corta (da 400 a 100 nanometri) con energie elevate corrispondenti. La lunghezza d'onda delle radiazioni è inversamente proporzionale alla frequenza: più corta è la lunghezza d'onda, più alta è la frequenza (Figura 1).

Schema della radiazione UV che cade appena sotto la luce visibile a una lunghezza d'onda tra 100 e 400 nmFigura 1: Lungo lo spettro delle onde elettromagnetiche, la radiazione UV cade appena sotto la luce visibile a una lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm ed è suddivisa in tre tipi, A, B, e C. (Immagine per gentile concessione del governo canadese)

In base all'interazione dei raggi UV con i materiali biologici, sono stati definiti tre tipi di luce UV: UV-A (da 400 a 315 nm); UV-B (da 314 a 280 nm) e UV-C (da 279 a 100 nm). Il sole produce tutte e tre le forme, ma l'esposizione umana è principalmente limitata agli UV-A perché pochi UV-B e nessun UV-C penetrano nello strato di ozono del pianeta terra. Tuttavia, ci sono diversi metodi per la produzione artificiale di tutti e tre i tipi di luce UV, ad esempio, le lampade ai vapori di mercurio e, più recentemente, i LED UV.

La radiazione UV-C era una tecnologia consolidata per sradicare gli agenti patogeni ben prima dell'attuale pandemia. I prodotti convenzionali impiegano lampade ai vapori di mercurio come sorgente UV. Una recente ricerca sull'efficacia degli UV-C sul SARS-CoV-2 ha dimostrato che la luce UV di una lunghezza d'onda di circa 250-280 nm è assorbita preferenzialmente dall'RNA del virus e una dose totale di 17 joule/m2 disattiva il 99,9% degli agenti patogeni. Si noti che questo livello di irradiazione non annienta il virus completamente, ma interrompe il suo RNA sufficientemente per impedirgli di replicarsi, rendendolo così innocuo e limitando l'esposizione umana agli UV.

Sorgenti di luce UV

La fonte tradizionale di luce UV è la lampada ai vapori di mercurio. Si tratta di un dispositivo a scarica di gas che emette luce dal plasma del metallo vaporizzato quando viene eccitato da una scarica elettrica. Alcuni prodotti incorporano un tubo di scarica al quarzo fuso che favorisce l'emissione di picchi alla lunghezza d'onda UV-C di 185 nm (oltre ad alcune emissioni di UV-A e UV-B) per scopi di disinfezione e sterilizzazione (Figura 2).

Immagine delle lampade ai vapori di mercurio a bassa pressioneFigura 2: Prima dell'avvento dei LED UV-C, le lampade ai vapori di mercurio a bassa pressione erano la sorgente più pratica di luce UV. (Immagine per gentile concessione di JKL Components)

Le lampade ai vapori di mercurio sono relativamente efficienti e di lunga durata rispetto alle tradizionali sorgenti luminose a incandescenza, ma il loro principale svantaggio è il rilascio di mercurio tossico nell'ambiente se la lampadina si rompe durante il normale utilizzo o al momento dello smaltimento.

D'altro canto i LED UV-C offrono alle applicazioni di disinfezione e sterilizzazione gli stessi vantaggi chiave che danno i LED all'illuminazione generale, tra cui efficienza luminosa, un'emissione più elevata, una maggiore durata e costi di vita utile inferiori. Inoltre, anche se bisogna fare attenzione quando si smaltiscono i LED, essi non presentano gli stessi pericoli ambientali delle sorgenti luminose a base di mercurio.

I LED UV-C si basano sulla tecnologia dei LED blu. Questi usano substrati di nitruro di gallio in alluminio (AlGaN) come piattaforma per emettitori con un bandgap più ampio (lunghezza d'onda più corta) rispetto ai LED rossi. Tuttavia, i LED UV-C sono meno efficienti e costano più dei LED blu, soprattutto perché il nitruro di gallio non è trasparente alla radiazione UV-C. Di conseguenza, sono relativamente pochi i fotoni UV-C emessi che fuoriescono dal die.

Sviluppi recenti, tra cui la metallizzazione riflettente p-contact, substrati modellati, superfici testurizzate, effetti di microcavità e modellamento volumetrico sono ora utilizzati per aumentare l'efficacia dei LED UV. Inoltre, i prodotti commerciali offrono ora prestazioni ragionevoli.Ma gli ingegneri dovrebbero tener presente che i dispositivi mostrano livelli di efficacia inferiori rispetto ai LED a luce visibile e la complessità aggiuntiva associata all'estrazione dei fotoni fa impennare i costi. Le schede tecniche dei produttori generalmente evitano i numeri di efficienza luminosa e specificano invece il flusso (in milliwatt) per una data corrente e tensione di comando.

Esempio di soluzioni LED UV-C

Il mercato offre diversi LED UV-C commerciali progettati specificamente per emettere radiazioni alla lunghezza d'onda ottimale per disattivare gli agenti patogeni. Per esempio, OSRAM Opto Semiconductors, Inc. offre il SU CULDN1.VC-MAMP-67-4E4F-350-R18 OSLON UV 3636, un LED UV-C che emette a 275 nm. Il LED fornisce tra 35 e 100 mW di flusso radiante totale (a seconda della selezione del contenitore) da una corrente/tensione di 350 milliampere (mA), da 5 a 6 volt (Figura 3).

Grafico dei LED UV-C con emissioni di picco nell'intervallo da 100 a 280 nmFigura 3: I LED UV-C offrono emissioni di picco nell'intervallo da 100 a 280 nm. Per disattivare il SARS-CoV-2, il picco ideale è tra 250 e 280 nm. Il flusso radiante del LED OSRAM OSLON UV-C mostrato qui ha un picco a 277 nm. (Fonte: OSRAM)

Un altro esempio di dispositivo è l'ELUC3535NUB della Everlight Electronics, un LED UV-C da 270 a 285 nm. Il dispositivo è basato sulla ceramica con una potenza radiante di 10 mW da una corrente/tensione in avanti di 100 mA, da 5 a 7 volt (Figura 4).

Immagine del LED UV-C da 270 a 285 nm di Everlight ElectronicsFigura 4: Il LED UV-C da 270 a 285 nm di Everlight Electronics è montato in un corpo di ceramica. Il LED misura 3,45 x 3,45 mm. (Fonte: Everlight Electronics)

Da parte sua, SETi/Seoul Viosys offre il LED CUD5GF1B. Questo LED, un emettitore da 255 nm, è montato in un contenitore ceramico SMT e presenta una bassa resistenza termica. La potenza radiante del dispositivo è di 7 mW da una corrente/tensione di comando di 200 mA/7,5 V. Il LED mostra una deviazione minima della lunghezza d'onda emessa con l'aumento della temperatura: devia solo di 1 nm dal picco di uscita di 255 nm in un intervallo di temperatura del die di 50 °C. Questa è una considerazione importante per un dispositivo che richiede un'uscita strettamente controllata per assicurare una buona disattivazione dei virus (Figura 5).

Grafico del LED UV-C CUD5GF1B di SETi/Seoul ViosysFigura 5: Il LED UV-C CUD5GF1B di SETi/Seoul Viosys si discosta solo di 1 nm dal picco di uscita di 255 nm in un intervallo di temperatura del die di 50 °C. (Immagine per gentile concessione di SETi/Seoul Viosys)

Progettare con i LED UV-C

I LED portano con sé una serie di sfide, quindi non è pratico cercare di adattare un prodotto progettato per una sorgente luminosa ai vapori di mercurio ai LED UV-C. Per questo motivo, la sostituzione delle lampade ai vapori di mercurio con i LED UV-C nelle applicazioni di disinfezione o sterilizzazione non è una semplice questione di sostituire una sorgente luminosa con un'altra.

Quando si selezionano i LED UV-C per la disinfezione o la sterilizzazione, la progettazione dovrebbe iniziare con una determinazione dell'area sulla quale dovrà essere applicata la luce UV-C e del flusso radiante ("emittanza") in watt/m2 richiesto per disattivare gli agenti patogeni target nella zona irradiata.

Consideriamo come esempio un'applicazione per disinfettare l'aria che esce da un condotto di climatizzazione. Sulla base dei 17 J/m2 richiesti sopra, per un'area di 0,25m2, per disattivare qualsiasi virus nel flusso d'aria in circa cinque secondi sarebbe necessario un sistema con un'emittanza di circa 4 watt/m2 (per una potenza totale di 1 W).

Una volta calcolata l'emittanza desiderata, l'ingegnere può decidere come fornirla. Una regola empirica è quella di considerare il flusso radiante di ogni LED e dividere l'emittanza totale per quel numero per arrivare al numero di LED necessari per ogni prodotto nell'elenco dei componenti.

Questo calcolo approssimativo è una semplificazione, perché non tiene conto di come sia distribuito questo flusso. Due fattori determinano il modo in cui il flusso radiante impatta la superficie bersaglio. Il primo è la distanza tra il LED e l'oggetto, il secondo è l'apertura del fascio del LED.

Se il LED è una sorgente puntiforme, la sua emittanza diminuisce secondo una la legge dell'inverso del quadrato della distanza. Ad esempio, se a 1 cm di distanza dal punto di emissione l'emittanza è di 10 mW/cm2), a 10 cm di distanza sarà scesa a 0,1 mW/cm2. Tuttavia, questo calcolo presuppone che l'emittanza del LED sia uguale in tutte le direzioni, ma non lo è. Invece, i LED sono dotati di ottiche primarie che dirigono il flusso radiante in una direzione particolare. I produttori di solito elencano l'apertura del fascio dei LED nella scheda tecnica, definita come l'angolo in cui il 50% del picco di emittanza è raggiunto su entrambi i lati dell'origine.

I LED OSRAM, Everlight Electronics e SETi/Seoul Viosys UV-C descritti sopra hanno angoli di fascio di 120, 120 e 125 gradi, rispettivamente. La figura 6 mostra lo schema di irradiazione per il LED UV-C SU CULDN1.VC-MAMP-67-4E4F-350-R18 di OSRAM. Nel diagramma, la linea tratteggiata tra 0,4 e 0,6 indica dove si raggiunge il 50% del picco di irraggiamento, definendo l'angolo del fascio (60 + 60 gradi).

Grafico del modello di irradiazione di OSRAM SU CULDN1.VC-MAMP-67-4E4F-350-R18 UV-CFigura 6: Per il modello di irradiazione del LED UV-C SU CULDN1.VC-MAMP-67-4E4F-350-R18 di OSRAM, la linea tratteggiata tra 0,4 e 0,6 indica dove viene raggiunto il 50% del picco di irradiazione, definendo l'angolo del fascio (60 + 60 gradi). (Fonte: OSRAM)

La caratteristica chiave che determina l'apertura del fascio è il rapporto tra il numero di LED e la dimensione dell'ottica primaria. Quindi, produrre un fascio più stretto richiede un emettitore più piccolo o un'ottica più grande (o un compromesso tra i due). Il compromesso è che un die più piccolo produce emissioni più basse, mentre le ottiche più grandi sono più difficili da realizzare, spingendo in alto i prezzi e ponendo un limite al controllo dell'apertura del fascio.

I LED commerciali sono tipicamente forniti con un'ottica primaria montata in fabbrica, quindi la decisione sul rapporto die/ottica non spetta al progettista. Per questo è importante esaminare l'apertura del fascio dei prodotti selezionati, perché due dispositivi con uscita identica di fornitori diversi possono avere modelli di emissione molto diversi.

Mentre la distanza del LED dall'oggetto irradiato e l'apertura del fascio sono una buona guida iniziale per il modello di irradiazione, esistono comunque fonti di varianza. Per esempio, i modelli di luce dei LED di un singolo produttore, con uscite e angoli di fascio teoricamente identici, possono variare notevolmente in intensità e qualità a seconda del design dell'ottica primaria. L'unico modo per essere sicuri dell'effettivo modello di irraggiamento è testare l'uscita dei prodotti selezionati.

Conoscendo l'uscita del LED, la distanza tra il LED e la superficie su cui si trovano gli oggetti da disinfettare, l'apertura del fascio e i dati effettivi di emissione, l'ingegnere può calcolare quanti LED saranno necessari e come posizionarli per generare l'emittanza desiderata sull'area attiva.

La scelta finale del LED si riduce al compromesso tra costo, efficacia e complessità. I LED UV-C sono costosi, quindi un approccio potrebbe essere quello di utilizzare un numero basso di dispositivi di potenza superiore piuttosto che un numero alto di dispositivi meno potenti. L'aspetto positivo di questo scenario è che il costo del componente LED potrebbe essere inferiore e la complessità del circuito ridotta. L'aspetto negativo è che a causa della loro bassa efficacia, i dispositivi più potenti richiederanno una migliore gestione termica per assicurare una lunga durata (le alte temperature riducono drasticamente la longevità dei LED). Ciò richiede dissipatori di calore più grandi, che eliminano alcuni dei risparmi previsti.

Progettazione di ottiche secondarie

Un'alternativa all'aggiunta di LED e/o all'aumento della potenza dei LED è quella di considerare l'utilizzo di ottiche secondarie. Questi dispositivi collimano (producono fasci luminosi paralleli di uguale intensità) l'uscita UV-C dal LED per eliminare efficacemente qualsiasi effetto di apertura del fascio. In teoria, con l'uso della collimazione, l'emittanza attraverso la superficie del bersaglio dovrebbe essere uniforme (indipendente dalla disposizione dei LED) e si dovrebbe ottenere un dato livello di emittanza con un numero minore di LED, perché lo spreco è minore. In alternativa, con lo stesso numero di LED si può ottenere un'emittanza maggiore rispetto a un design senza ottica secondaria (350 mW/m2 contro 175 mW/m2) (Figura 7).

Schema della collimazione dell'emissione UV-C con ottiche secondarieFigura 7: La collimazione dell'emissione UV-C con l'uso di ottiche secondarie (a sinistra) aumenta l'emittanza dell'area bersaglio rispetto a un sistema con la stessa uscita LED ma con l'uso di ottiche primarie (non collimate). (Immagine per gentile concessione di LEDiL)

In pratica, l'emittanza con ottiche secondarie non è uniforme, perché la collimazione anche dei migliori prodotti è imperfetta a causa della diffrazione (anche se, più piccolo è il LED, migliore è la collimazione). Inoltre, è spesso necessario sperimentare a lungo con il posizionamento dei LED e delle ottiche secondarie per garantire l'emittanza richiesta da un minor numero di dispositivi, rispetto a un design simile senza ottiche secondarie.

Si noti che le ottiche secondarie per i LED UV-C sono fabbricate con materiali diversi da quelli impiegati per i LED a luce visibile. Le soluzioni comuni sono componenti in silicone stampati a iniezione che riflettono bene le lunghezze d'onda UV-C e permettono la produzione di lenti complesse. Possono anche essere utilizzati riflettori in alluminio per collimare gli UV-C. Il compromesso quando si usa l'ottica secondaria è il risparmio sui costi grazie all'uso di un minor numero di LED contro la maggiore complessità della progettazione del collimatore.

Precauzioni di sicurezza

Sebbene la radiazione UV non sia in grado di penetrare molto la pelle umana, viene comunque assorbita e può causare danni a breve termine, come le ustioni, e danni a lungo termine, come le rughe e l'invecchiamento prematuro della pelle. In casi estremi, l'esposizione ai raggi UV può causare tumori della pelle. La luce UV è particolarmente pericolosa per gli occhi, poiché può danneggiare la retina e la cornea. Nell'interazione con l'aria, la radiazione UV può anche produrre ozono, considerato pericoloso per la salute ad alte concentrazioni.

A fronte di questi pericoli, è una buona pratica progettare prodotti che limitino l'esposizione alla luce UV-C e impediscano agli utenti guardare direttamente un LED. Poiché gli UV-C sono invisibili, è anche una buona pratica ingegneristica selezionare LED che includano deliberatamente alcune emissioni di luce blu visibile. In questo modo sarà evidente quando un LED UV-C è acceso.

Per il SARS-CoV-2 in particolare, l'incorporazione di unità di sterilizzazione negli impianti HVAC permette una rapida disattivazione del virus nell'aria, tenendo gli UV-C lontano dalle persone. Sono in corso ricerche su LED che possono essere montati su apparecchi di illuminazione per irradiare le superfici con livelli molto bassi di UV-C che risultano innocui per gli esseri umani, ma che su lunghi periodi forniscono un'irradiazione sufficiente a disattivare qualsiasi virus su superfici come tavoli, sedie, pavimenti e maniglie delle porte.

Conclusione

La radiazione UV-C può essere usata per disattivare gli agenti patogeni come il SARS-CoV-2 nei prodotti di disinfezione e sterilizzazione. Tuttavia, la fonte artificiale comune di UV-C è la lampada ai vapori di mercurio, che presenta problemi al momento dello smaltimento a causa del contenuto di metalli pesanti. I LED UV-C sono un'alternativa più efficiente e più duratura che semplifica lo smaltimento, e un certo numero di LED UV-C sono ora disponibili in commercio con picchi di emissione a lunghezze d'onda ideali per la disattivazione dei patogeni.

Tuttavia, questi LED non sono una semplice alternativa drop-in e devono essere inclusi nella progettazione attentamente per massimizzarne benefici. Come descritto, un progettista deve iniziare con l'emittanza desiderata sulla superficie attiva e lavorare a ritroso per calcolare il numero e la disposizione dei LED UV-C necessari per soddisfarla. Il progettista deve anche decidere se affidarsi all'ottica primaria dei LED per produrre un'emittanza uniforme oppure se impiegare un'ottica secondaria per collimare l'uscita UV-C per un modello ottimale, tenendo conto del costo di questa maggiore complessità.

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Steven Keeping

Steven Keeping is a contributing author at DigiKey. He obtained an HNC in Applied Physics from Bournemouth University, U.K., and a BEng (Hons.) from Brighton University, U.K., before embarking on a seven-year career as an electronics manufacturing engineer with Eurotherm and BOC. For the last two decades, Steven has worked as a technology journalist, editor and publisher. He moved to Sydney in 2001 so he could road- and mountain-bike all year round, and work as editor of Australian Electronics Engineering. Steven became a freelance journalist in 2006 and his specialities include RF, LEDs and power management.

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