Energy harvesting o batterie per un funzionamento multidecennale di sensori IoT?

Di Bill Schweber

Contributo di Editori nordamericani di DigiKey

La disponibilità di circuiti integrati a bassissimo consumo ha portato a una proliferazione di circuiti e sistemi basati su sensori che, per funzionare, richiedono solo pochi microampere o milliampere. Questi prodotti sono utilizzati ad esempio per il monitoraggio ambientale (sicurezza, temperatura, terremoti), la tracciabilità delle risorse, la misurazione dell'energia/potenza e i monitor medicali.

Molte di queste unità devono funzionare per dieci, venti o più anni, ma spesso è difficile o impossibile accedervi per sostituire la batteria. Inoltre, la sostituzione delle batterie ha spesso dei costi proibitivi.

Di conseguenza, i progettisti devono valutare e decidere attentamente tra le opzioni, o una combinazione di opzioni, che includono:

  • Energy harvesting
  • Una batteria ricaricabile (secondaria) con energy harvesting
  • Una batteria non ricaricabile (primaria) con un lunghissima autonomia
  • Un supercondensatore con una batteria primaria con una lunghissima autonomia

Questo articolo prenderà in esame le varie opzioni a disposizione di un progettista e i rispettivi compromessi. Presenterà, via via, soluzioni correlate di Tadiran, Analog Devices, KEMET eTexas Instruments e come usarle.

L'energy harvesting è un'opzione intelligente?

Ovviamente, la sua "intelligenza" o meno dipende dall'applicazione. Quel che è certo, però, è che l'energy harvesting è una tecnica attraente e ampiamente usata per fornire alimentazione a un costo che, a prima vista, sembra essere minimo o addirittura nullo. I suoi quattro elementi chiave sono:

  • Generazione di energia (sorgente)
  • Conversione (utilizzando un qualche tipo di trasduttore)
  • Accumulo (per uso in un momento successivo)
  • Distribuzione (erogazione efficiente ai circuiti necessari)

La prima sfida dell'harvesting consiste nell'identificare la fonte di energia più redditizia da sfruttare. Le fonti comuni sono: solare, eolico, idroelettrico, differenziale termico, calore disperso e induzione magnetica. Un'altra fonte è una qualche forma di vibrazione o movimento minuscoli, che a sua volta può essere indotta dall'azione di camminare, dalle geo-vibrazioni di un edificio o dalle vibrazioni di un motore.

È importante tenere presente che, anche se i termini energia e potenza sono spesso usati in modo intercambiabile, specie dai non addetti ai lavori, di fatto sono diversi, anche se correlati. L'energia è la capacità di svolgere il lavoro, mentre la potenza è la velocità con cui l'energia viene raccolta o spesa. Pertanto, l'energia è l'integrale temporale della potenza, mentre la potenza è la derivata temporale dell'energia. In un sistema di harvesting, la quantità di energia raccolta e immagazzinata deve essere uguale o superiore all'integrale di potenza; diversamente, il sistema non avrà la potenza sufficiente per funzionare a lungo termine. In altre parole, l'energia non può essere spesa nell'aggregato come potenza a una velocità superiore a quella con cui viene raccolta nel tempo.

Una volta identificata la fonte di energia da raccogliere, serve un trasduttore per catturarla e trasformarla in energia elettrica. Questo trasduttore può assumere molte forme: microturbina, cella solare (o pannello) o cristallo piezoelettrico sono solo alcune delle possibilità. Il passo successivo è decidere come immagazzinare questa quantità di energia irregolare, spesso imprevedibile e di solito piccola, così da potervi attingere a seconda delle necessità per alimentare l'elettronica.

Batteria, supercondensatore o entrambi?

Le due opzioni di accumulo possibili sono la batteria ricaricabile e il supercondensatore, a volte chiamato ultracondensatore, anche se il suo nome formale è condensatore a doppio strato elettrico (EDLC). La scelta fra una batteria ricaricabile e un supercondensatore dipende in gran parte dall'entità, dalla durata e dal ciclo di lavoro dell'applicazione.

In genere, i condensatori standard (non quelli super) possono fornire grandi quantità di potenza ma riescono a immagazzinare solo una quantità relativamente piccola di energia per volume unitario. Le batterie, invece, possono immagazzinare grandi quantità di energia, ma hanno potenze nominali inferiori. In mezzo a queste due opzioni ci sono i supercondensatori, che raggiungono un compromesso tra energia e potenza.

Rispetto alle batterie, i supercondensatori presentano una serie di vantaggi:

  • Utilizzano l'accumulo fisico della carica invece di una reazione chimica, per cui possano essere caricati e scaricati molto rapidamente (in un arco di tempo che va da pochi millisecondi ad alcuni secondi)
  • Diversamente dalle batterie, il numero di cicli di carica-scarica di un supercondensatore è quasi illimitato, dato che non si basa su reazioni chimiche
  • La gestione della carica dei supercondensatori è più semplice di quella delle batterie, in quanto richiedono solo corrente di carica e protezione da sovratensione (OVP) invece degli algoritmi di carica a corrente e tensione costanti associati alle batterie, che sono alquanto complessi e basati sulla chimica

Ad esempio, FC0V474ZFTBR24 di KEMET è un supercondensatore da 47 mF in un piccolo contenitore sigillato di 10,5 mm di altezza e 8,5 mm di diametro, con una tensione nominale di 3,5 V (Figura 1). Nell'improbabile eventualità di una perdita della tenuta stagna, il cambiamento di fase dallo stato di acqua liquida nell'elettrolita (acido solforico diluito) a gas produce solo l'emissione di un innocuo vapore acqueo (un gas).

Immagine del supercondensatore FC0V474ZFTBR24 di KEMETFigura 1: Il supercondensatore modello FC0V474ZFTBR24 di KEMET è un'unità a 3,5 V, 47 mF in un contenitore sigillato di appena 10,5 mm di altezza e 8,5 mm di diametro. (Immagine per gentile concessione di KEMET Corp.)

Le batterie ricaricabili possono essere utilizzate in alcune situazioni a lungo termine e sono la soluzione più idonea per applicazioni in cui l'assorbimento di corrente è basso ma relativamente costante, senza picchi elevati e con cicli di lavoro leggeri. Alcuni progetti abbinano una batteria ricaricabile a un supercondensatore; la batteria assicura la carica di mantenimento del condensatore, che a sua volta fornisce la corrente del carico di picco.

Per la maggior parte delle applicazioni a lungo termine, le composizioni chimiche a ioni di litio (Li-ion) sono la scelta migliore tra le numerose chimiche standard disponibili per quanto riguarda le caratteristiche di prestazioni elettriche, nonché per la densità di energia per volume e peso.

Esistono tuttavia delle differenze importanti tra le varie composizioni chimiche del litio in relazione ad attributi quali la tensione di uscita, le caratteristiche di carica/scarica, la tensione rispetto alla capacità residua, l'intervallo di temperatura di funzionamento e il numero di cicli di carica/scarica. Quest'ultima, come altre specifiche della batteria, dipende anche dalla profondità di scarica per ciclo. Nella Tabella 1 è riportata una sintesi ad alto livello delle caratteristiche principali di due composizioni chimiche delle batterie secondarie ampiamente utilizzate - nichel-cadmio (NiCad, o NiCd) e Li-ion - nonché di due tipi di condensatori di bulk.

Le batterie ricaricabili e i condensatori hanno numerose caratteristiche diverse fondamentaliTabella 1: Le batterie ricaricabili e i condensatori hanno combinazioni diverse di caratteristiche fondamentali. (Immagine per gentile concessione di KEMET Corp.)

Determinare la capacità nominale in milliampere/ora (mAh) dell'elemento di accumulo dell'energia per applicazioni che richiedono una durata estremamente lunga è semplice dal punto di vista concettuale ma difficile nella pratica. Anche se l'analisi di primo livello si basa sull'integrale della potenza necessaria, comprese le modalità quiescente, stato stazionario e impulsivo, quando si progetta con questi dispositivi occorre tener conto di molti altri fattori. Problemi come le perdite dovute alla resistenza equivalente in serie (ESR) interna e il deterioramento legato alla temperatura, sono solo due dei vari fattori da considerare. Di conseguenza, è necessario studiare attentamente la scheda tecnica della batteria o del supercondensatore e i suoi numerosi grafici.

Gestione della potenza del sistema: una sfida continua

Indipendentemente dal fatto che si scelga una batteria, un supercondensatore o una combinazione di entrambi, la gestione del flusso di energia dal trasduttore di harvesting agli elementi di accumulo e quindi la sua erogazione al carico è un problema di progettazione critico. Questa funzione deve garantire che l'energia raccolta, di solito molto piccola, venga trasferita all'elemento di accumulo con la massima efficienza, senza contemporaneamente accorciare la durata della cella a causa dell'eccesso di carica. La funzione di gestione deve anche misurare la corrente necessaria al carico consumando pochissima energia e deve gestire il ciclo di scarica per evitare la scarica profonda, che deteriora il numero di cicli di carica/scarica a piena capacità della batteria.

Sul lato di uscita, il gestore deve implementare anche la regolazione c.c./c.c., in modo che il rail del carico rimanga a una tensione costante malgrado le variazioni di tensione dell'elemento di accumulo e i fabbisogni di carico. In base alla batteria o al condensatore scelto, nel contesto dei requisiti di carico, questa regolazione può essere una funzione di modalità buck o boost. Può anche essere un regolatore combinato buck/boost quando la tensione di uscita dell'elemento di accumulo passa da un valore superiore al rail c.c. desiderato a uno inferiore.

Ad esempio, LTC3331EUH#PBF di Analog Devices è un regolatore c.c./c.c. buck/boost in nanopotenza con un caricabatterie di energy harvesting ottimizzato per le tensioni di sorgente superiori delle celle solari (Figura 2). Tuttavia, può essere utilizzato anche con sorgenti di tensione inferiore per formare la base di una soluzione completa di energy harvesting con batteria tampone. Alloggiato in un minuscolo contenitore QFN-32 di 5×5 mm, LTC3331 presenta doppio ingresso (per le fonti di harvesting solare e piezoelettrica, ad esempio) e un regolatore c.c./c.c. a uscita singola che stabilisce la priorità fra i due ingressi.

Schema di LTC3331 di Analog Devices (fare clic per ingrandire)Figura 2: LTC3331 di Analog Devices può gestire e stabilire priorità tra due fonti di harvesting e bilanciare due supercondensatori più una batteria, erogando tra 1,8 V e 5 V fino a 50 mA (a sinistra). Viene mostrata anche la sequenza di temporizzazione di LTC3331 quando carica una batteria con l'energia raccolta (a destra). (Immagine per gentile concessione di Analog Devices)

Gli ingressi raccolti possono essere compresi tra 3,0 V e 19 V, mentre la tensione della batteria può arrivare a 4,2 V; il rail di uscita regolato può essere impostato tra 1,8 V e 5 V a 50 mA. Supporta anche l'uso di due supercondensatori in serie, usati per aumentare l'accumulo di energia e l'efficienza attraverso l'uso del bilanciamento automatico delle celle.

I convertitori buck e boost sono controllati dal componente che stabilisce la priorità. La sorgente da utilizzare viene scelta in base alla disponibilità di una batteria e/o di energia "raccoglibile". Se quest'ultima è disponibile, il regolatore buck è attivo e il buck/boost è disattivato. Un caricabatterie shunt integrato da 10 mA con scollegamento in caso di bassa carica della batteria consente di caricare quella ausiliaria per aumentare notevolmente la durata. La corrente di quiescenza, un fattore cruciale per l'efficienza del regolatore, specie nei progetti di harvesting, è di appena 950 nA in assenza di carico.

Il problema dell'alimentazione a lungo termine è stato risolto. Ma forse no

Se si ha l'impressione che le decisioni sulla fonte di raccolta disponibile, sull'uso della batteria o del supercondensatore e sui compromessi di sistema siano complicate, si è nel giusto. Ma ci sono due problemi più grandi quando si usa l'harvesting come fonte di energia, specie con le batterie. In primo luogo, le batterie ricaricabili non hanno un numero infinito di cicli di carica-scarica. La loro capacità nominale tipica di 1000 o 2000 cicli, anche in condizioni ottimali di carica/scarica e temperatura, è inferiore a quanto richiesto nel corso di decenni.

In secondo luogo, c'è una domanda più grande e difficile da quantificare relativa alla fonte di energia e al trasduttore. La cella solare sarà davvero completamente illuminata per decenni in presenza di sporco, polvere, o se qualcuno costruisce nelle vicinanze qualcosa che blocca la luce, o se crescono alberi che fanno ombra alle celle? La sorgente di vibrazione sarà sempre stimolata, anche se le condizioni e l'ambiente operativo cambiano? In molte installazioni del mondo reale, è molto difficile affrontare queste domande e rispondervi con un alto grado di sicurezza.

Per quanto riguarda l'accumulo, prendere in considerazione una batteria primaria a celle non ricaricabile per un uso multidecennale, anche se ha un carico di microampere o di pochi milliampere, sembra contrario alla logica; dopo tutto, non si esaurirebbe, corroderebbe o soffrirebbe di qualche altro problema a lungo termine? Ma se si utilizza il giusto tipo di batteria primaria nelle giuste condizioni, questa è in realtà un'alternativa molto valida all'harvesting. Inoltre, per definizione, l'utilizzo di celle primarie evita completamente tutti i problemi legati ai cicli di carica-scarica e alla gestione.

Ciò premesso, le celle primarie soffrono però di un fenomeno inevitabile di deterioramento detto autoscarica determinata da una certa quantità di corrente di dispersione interna piccola ma inevitabile anche se la batteria non ha carico o è fisicamente scollegata. Per la maggior parte dei tipi di celle primarie a base di litio questa autoscarica è dell'ordine del 3-4% annuale della capacità iniziale.

La matematica di base mostra che con un'autoscarica del 4% la capacità della cella si ridurrà a circa la metà del suo valore originale in circa 12 anni, senza contare la perdita di capacità dovuta al carico. Conseguentemente all'autoscarica, determinare la durata di vita utilizzando un semplice calcolo dell'assorbimento di corrente di carico rispetto alla capacità iniziale della batteria è un'ipotesi davvero ottimistica e francamente irrealistica. Per questo motivo, la maggior parte delle celle primarie non sono idonee per applicazioni a lungo termine e multidecennali.

Tuttavia, le batterie basate su una composizione chimica di litio-cloruro di tionile (LiSOCl2) che usano una disposizione interna a bobina e processi di produzione proprietari possono durare per decenni, senza un'autoscarica eccessiva. Se usate ai livelli di corrente molto bassi propri di molti circuiti, e con un'autoscarica inferiore all'1%, possono alimentare un sistema per due, tre o addirittura quattro decenni (Figura 3). Sono anche leggere pur avendo una grande capacità: una cella LiSOCl2 ad alte prestazioni offre densità di energia/peso di ~650 wattora per chilogrammo (W-h/kg) e per volume di ~1280 W-h/decimetri cubi.

Come si evince dalla Figura 3, la serie XOL LiSOCl2 di Tadiran assicura l'86% della capacità nominale dopo 20 anni (a sinistra). La serie XTRA LiSOCl2 presenta un valore dell'80% dopo 10 anni, mentre altre composizioni chimiche sono al 70% (al centro). Le alte percentuali annuali di autoscarica delle celle al litio-diossido di manganese (LMNO2) e alcaline rendono impossibile raggiungere una durata della batteria superiore ai 10 anni (a destra).

Grafico della capacità della batteria per tre diverse composizioni chimicheFigura 3: Capacità della batteria per tre diverse composizioni chimiche dopo 10 e 20 anni imputabile unicamente alla perdita per autoscarica (in assenza di carico). La serie XOL LiSOCl2 di Tadiran assicura una capacità nominale dell'86% dopo 20 anni (a sinistra); la serie XTRA LiSOCl2 presenta un valore dell'80% dopo 10 anni, mentre altre composizioni chimiche sono al 70% (al centro). Le alte percentuali annuali di autoscarica delle celle LMNO2 e alcaline rendono impossibile raggiungere una durata della batteria superiore ai 10 anni (a destra). (Immagine per gentile concessione di Tadiran Batteries)

La bassa autoscarica di una LiSOCL2 è dovuta allo strato di passivazione di litio-cloruro (LiCl) che si forma intrinsecamente sulla superficie dell'anodo non appena il litio entra in contatto con l'elettrolita, impedendo un'ulteriore reazione o perdita di capacità. È un isolante imperfetto che limita fortemente il flusso di corrente di autoscarica, ma viene parzialmente "scavalcato" dalla corrente di basso livello quando il carico lo richiede.

In teoria, lo spessore dello strato di passivazione può essere aumentato in fase di progettazione e fabbricazione per limitare ulteriormente l'autoscarica, ma la cella non funzionerebbe bene con correnti di carico più elevate. Occorre quindi scendere a compromessi: accettare la bassa autoscarica ma limitare l'uso ad applicazioni a basso drain, oppure aumentare ulteriormente l'autoscarica ma utilizzare la cella a un drain superiore per meno tempo (per una determinata capacità nominale).

Sono disponibili celle ottimizzate per prestazioni di drain ultrabasse. Prendiamo in considerazione la cella primaria LiSOCl2 TL-4902/S ½ AA della serie XLO Tadiran, che ha una lunghezza di appena 25 mm e un diametro di 14,5 mm. Questa batteria cilindrica ha una tensione ai terminali di 3,6 V, con capacità nominale di 1,2 Ah a 0,5 mA fino a 2 V (Figura 4). La tensione di uscita è piatta nel corso tempo che aumenta drasticamente con livelli di drain più bassi, raggiungendo le 100.000 ore a 10 µA.

Grafico delle caratteristiche di scarica della batteria primaria LiSOCl2 TL-4902/S di TadiranFigura 4: La batteria primaria LiSOCl2 TL-4902/S di Tadiran può alimentare 10 µA per 100.000 ore senza riduzione della tensione di uscita. (Immagine per gentile concessione di Tadiran Batteries)

E che dire delle applicazioni a corrente impulsiva?

Tenere presente che l'attraversamento dello strato di passivazione richiede alcuni millisecondi, quindi quando il circuito di carico chiede corrente si produce di fatto una caduta di tensione transitoria, seguita da un lento aumento della tensione nominale di uscita. Pertanto, per massimizzarne la lunga durata, queste celle non dovrebbero essere utilizzate per carichi pulsati, ma servire come sorgenti di bassa corrente continua.

Fatta questa precisazione, esiste una soluzione pratica e comoda per i carichi pulsati: combinare la batteria a lunga durata, a scarica continua e a bassa corrente con un supercondensatore. In questo caso, il circuito è configurato affinché la batteria carichi in modo continuo il supercondensatore a bassa frequenza, mentre il supercondensatore viene utilizzato per fornire la maggiore corrente impulsiva (Figura 5). Di fatto, la batteria viene utilizzata come fonte di energia di harvesting, anche se non nell'uso canonico del termine.

Schema di TPS62740 di Texas InstrumentsFigura 5: I progettisti possono ottenere una potenza di lunghissima durata per carichi pulsati in una disposizione facilmente gestibile utilizzando una corrente continua di basso valore da una cella primaria a lunga durata per la carica di mantenimento di un supercondensatore e quindi utilizzare il supercondensatore per supportare carichi pulsati a ciclo di lavoro leggero. (Immagine per gentile concessione di Texas Instruments)

Il circuito integrato TPS62740 di Texas Instruments è adatto per questa configurazione (Figura 6). Questo convertitore buck accetta una tensione di ingresso che va da 2,2 V a 5,5 V, ha una specifica di corrente di quiescenza di 360 nA e funziona con un minuscolo induttore da 2,2 µH e un condensatore di uscita da 10 μF, fornendo fino a 300 mA.

Schema del convertitore step-down TPS62740 di Texas InstrumentsFigura 6: Il convertitore step-down TPS62740 di Texas Instruments consente di usare una batteria per caricare il piccolo condensatore e quindi permette ai progettisti di sfruttare al meglio le caratteristiche di ogni dispositivo di accumulo dell'energia. (Immagine per gentile concessione di Texas Instruments)

In una tipica applicazione, la cella primaria LiSOCl2 è collegata direttamente a TPS62740 ed è controllata da un microcontroller che attiva/disattiva il convertitore buck, regola la tensione di uscita e consente una ricarica efficiente (Figura 7).

Schema di TPS62740 di Texas Instruments con una cella primaria LiSOCl2Figura 7: La combinazione di TPS62740 con una cella primaria LiSOCl2 e un condensatore pilotati da un microcontroller consente di realizzare un sottosistema efficiente e di lunga durata con funzionamento a bassa corrente di quiescenza. (Immagine per gentile concessione di Texas Instruments)

L'uscita del convertitore buck è collegata a due resistori di limitazione della corrente per gestire il processo di avvio, necessario per precaricare il supercondensatore al suo minimo di 1,9 V. Una volta che il condensatore di accumulo è precaricato, l'interruttore si accende e la corrente viene limitata dalla resistenza combinata. Con questa disposizione, è possibile supportare un ciclo di lavoro leggero, un grande carico di corrente di picco, ad esempio un nodo IoT wireless, con una durata massima della batteria e una vita utile multidecennale.

La scelta dell'approccio a celle primarie invece dell'harvesting con una batteria ricaricabile, anche con l'aggiunta di un supercondensatore per il buffering della corrente impulsiva, offre tre vantaggi:

  • Si eliminano il costo del trasduttore di harvesting e le incertezze sulla sua durata a lungo termine.
  • Si eliminano i problemi di gestione delle batterie legati al numero limitato di cicli di carica-scarica e alla loro dipendenza dalla profondità di scarica e dalla temperatura di funzionamento.
  • Si semplifica il sottosistema di gestione energetica

Conclusione

Progettare un'alimentazione elettrica che fornisca energia per decenni senza aver bisogno di interventi è un compito impegnativo. Ciò vale anche per i requisiti relativamente modesti dei progetti a bassissima corrente e potenza utilizzati per molte applicazioni IoT basate su sensori.

L'uso solo di una batteria primaria LiSOCl2 a bassa passivazione per applicazioni a bassa corrente, o della combinazione di quella specifica batteria con un supercondensatore per carichi pulsati e a ciclo di lavoro leggero, offre un'eccellente alternativa alla scelta più ovvia, e forse più intuitiva, dell'energy harvesting con una batteria ricaricabile.

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Bill Schweber

Bill Schweber è un ingegnere elettronico autore di tre libri di testo sui sistemi di comunicazione elettronica, oltre a centinaia di articoli tecnici, colonne di giornale e caratteristiche del prodotto. In passato ha lavorato come responsabile tecnico di siti Web tematici per EE Times, oltre che come Executive Editor e Analog Editor presso EDN.

In Analog Devices, Inc. (fornitore leader di circuiti analogici e di segnali misti), Bill si occupava di comunicazioni di marketing (pubbliche relazioni); di conseguenza, ha esperienza su entrambi i lati della funzione tecnica PR, come presentatore di prodotti, storie e messaggi aziendali ai media e come parte ricevente.

Prima del ruolo MarCom in Analog, Bill è stato redattore associato della loro rispettata rivista tecnica e ha lavorato anche nei gruppi di product marketing e di ingegneria delle applicazioni. Ancor prima di questi ruoli, Bill lavorava presso Instron Corp., occupandosi di progettazione di circuiti analogici e di potenza e integrazione di sistemi per i controlli delle macchine di prova dei materiali.

Bill ha un MSEE (Univ. of Mass) e un BSEE (Columbia University), è un ingegnere professionista registrato e detiene una licenza da radioamatore di classe avanzata. Bill ha anche pianificato, scritto e presentato corsi online su una varietà di argomenti di ingegneria, compresi i concetti di base su MOSFET, sulla selezione di ADC e sul pilotaggio di LED.

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